Londra, fine ‘800. Jack Worthing, nonostante i suoi dubbi natali (è stato trovato dentro una borsa da un ricco benefattore), è divenuto un gentiluomo irreprensibile e un perfetto tutore di Cecily, nipote di chi l’aveva adottato. L’incontro con Gwendolen, ragazza dell’alta società, e il conseguente innamoramento darebbero una svolta alla sua vita. Ma la ragazza ha la ferma intenzione di sposarsi solo con qualcuno che si chiami Ernesto, nonostante sua madre – la gelida e vittoriana lady Bracknell – abbia progetti ben diversi. Il bello è che anche Cecily ha la stessa fissazione e il suo spasimante Algenorn è costretto a ricorrere allo stesso trucco di Jack. Vale a dire fingere di chiamarsi Ernesto. Ma la cosa darà il via ad una serie sempre più scatenata di equivoci e a una incredibile rivelazione finale…
Una commedia brillante e deliziosa, che sfiora a tratti l’assurdo e spesso fa anche ridere, in cui Wilde prende in giro la “seriosità” del periodo tardo vittoriano e quel mondo dell’aristocrazia e dell’alta borghesia londinese che egli stesso frequentava e amava. Di fronte ad un mondo in cui la menzogna è la regola, alla crudeltà presentata come buonismo e alla discriminazione che si presenta travestita da solidarietà è possibile fare scelte diverse. Una scelta possibile è quella di prendere in giro questo mondo, giocare con quella stessa menzogna.
La nostra messa in scena si segnala perché reintroduce alcune battute finali, la cosiddetta dichiarazione del dottor Chasuble a Miss Prism, presente nella versione originale e quasi mai rappresentata. Da notare anche l’inserimento di una canzone cantata e suonata dal vivo in platea dalla coppia di protagonisti.