I protagonisti sono Fiore e Germano, due muratori che in una fredda e buia notte devono tirare su un muro all’interno di un vecchio teatro abbandonato. Il muro segnerà i nuovi confini del supermercato contiguo e lo spazio del palcoscenico ne diventerà il nuovo magazzino.
Il lavoro abusivo deve essere fatto al riparo da occhi indiscreti e Fiore e Germano si ritrovano per la prima volta nella loro vita su un palcoscenico. In questa notte, scandita dal rumore dei mattoni accatastati uno su l’altro e da quello della cazzuola che li spalma con la malta, i due amici confrontano la loro vita. La condizione di uomini semplici non gli impedisce di sognare una vita migliore e l’occasione del lavoro abusivo, che gli consentirà un buon guadagno, è un punto di partenza per ambire ad un benessere maggiore.
Lo scambio di pensieri, ricordi e riflessioni tra i due amici avviene con il proverbiale sarcasmo e la pungente ironia del dialetto romanesco. Ma un teatro non può chiudere il sipario senza l’ultimo spettacolo: e i due protagonisti saranno gli unici spettatori di quest’ultima rappresentazione.
Una giovane, affascinante e nobile donna appare improvvisamente sul palco, prima a Germano e poi a Fiore: l’incontro con la signorina Giulia (la protagonista dell’omonima tragedia di August Strindberg) per entrambi è qualcosa di inebriante, di rivoluzionario per le loro vite. E’ l’incontro dell’arte con il popolo: è l’arte del teatro che rapisce e fa vivere un sogno a chi ne gode, per il breve momento della sua messa in scena, in modo totalizzante. E quel muro sul palco, simbolo di una divisione tra due mondi così diversi sembra crollare davanti all’inesauribile desiderio di continuare a sognare.